(… Un’altra speranza arriverà per la via e forse altri paesaggi rinnoveranno la mia emozione…).
di Andrea Sardi
CAFE’ DOMINGUEZ – Il Tango, pur così virile e orgoglioso delle sue umili ma schiette origini _ “… Mi piace essere spavaldo, sono grintoso e trasgressivo nel ballo, ascoltate il mio ritmo: sono il vecchio tango che nacque nelle periferie…” [Yo soy el tango, Tango, 1941, Música: Domingo Federico, Letra: Homero Expósito] _ pone al centro del suo universo emotivo e del suo spirito vitale la Donna, che sia madre, moglie, amante o amica.
Nella sua simbologia la Donna è la radice ultima della vita. La perdita dell’oggetto amato, così come era stata per la generazione dei primi immigranti la perdita delle patria e della gioventù, in Spagna o in uno sperduto paesello d’Italia, provoca un dolore lacerante ed insuperato, contribuendo ad alimentare il tragico fatalismo della filosofia tanguera.
Questa visione è resa più accettabile solo da una segreta speranza di ritorno definitivo dell’oggetto d’amore (donna-luogo natio) in un luogo surreale dove tutto è come prima e come mai è stato “… E anche se l’oblio, che tutto distrugge, ha già ucciso le mie vecchie illusioni, scopro in me nascosta una speranza umile, che è tutta la fortuna del mio cuore… Ritornare, con la fronte rugosa, la neve del tempo ha argentato le mie tempie. Sentire che è un attimo la vita, che vent’anni non sono niente, che febbrile lo sguardo, errante tra le ombre, ti cerca e ti chiama. Vivere con l’anima aggrappata, a un dolce ricordo, che piango un’altra volta…”. [Volver, Tango, 1935, Música: Carlos Gardel, Letra: Alfredo Le Pera]
Se non la speranza di un ritorno al sogno vissuto (più spesso mai vissuto) e perduto allora che sia quella nella sua nuova manifestazione o nella sua realizzazione “… Un altro gesto sarà, sarà un’altra risata. Saranno altre follie e un altro amore. Un’altra speranza arriverà lungo la strada e forse altri paesaggi rinnoveranno la mia emozione. Un’altra notte sarà, sarà un altro bacio…”. Sempre con la consapevolezza che niente è per sempre “… Cambierà tutto, tutto, ma sempre, nella mia vita colpirà lo stesso dolore…” [El mismo dolor, Vals, Música: Enrique Francini, Letra: Carlos Bahr].
So per esperienza, credimi, che la speranza è ciò che alimenta il soffio vitale e che in sua assenza si tira avanti come fantasmi, vigili ma privi d’ogni emozione.
“È venuta in una sera ed era triste, fantasma di silenzio e di canzone. Veniva da un mondo che non esiste. Vuoto di speranza il suo cuore. Era nuvola, senza meta né destinazione, aveva la tenerezza dell’addio. I miei passi la seguirono per cento strade, e un giorno la mia fatica la raggiunse…”. [Solamente ella, Tango, 1944, Música: Lucio Demare, Letra: Homero Manzi]
Solo l’Amore, la fede nell’altro, l’abbandono nell’altro, possono ridarti la speranza perduta “… Lei, pelle d’ombra, voce d’assenza. Si è addormentata tra le mie braccia. Insieme, senza saperlo, goffamente, abbiamo imparato duramente le verità dell’amore. Lei fiorì sotto la luna. Lei è rinata per il mio amore. Insieme, senza angosce, senza rimpianti, senza passato, notte dopo notte, abbiamo imparato a sognare…” [Solamente ella]. Anche se ogni inizio porta ineluttabilmente in sé il seme della propria fine “… Le sue parole erano vellutate. Poi si sono accese di emozione. Con il fuoco del mio amore è tornata in vita, ma era solo l’eco di un addio…”. Così come nella fine rinasce il desiderio che alimenta il sogno e nuova speranza “… È venuta da me in inverno, vuoto di speranza il cuore. Oggi vive tra i miei sogni ed è eterno il sogno di donna e di canzone” [Solamente ella].
Altro dalla speranza, che s’accompagna al volere con fermezza ed è alimentata dalla fede e dall’Amore, è l’aspettativa, basata sull’attesa che qualcuno in particolare ti dia ciò che ti pare naturale ti dia, che s’accompagna all’illusione ed è alimentata dal piacere connesso con un sua fatuo e momentaneo soddisfacimento “…Questa notte sotto l’arco della vita va passeggiando il Carnevale con la sua follia, il mondo suona la trombetta delle sue risate e si è messo una maschera di gentilezza. Con la sua luce e le sue pietre finte, passa, bella e suggestiva, l’illusione, aggrovigliando spiragli di aspettative, nel tenero mandolino di un Pierrot…” [Serpentinas de esperanza, Tango, 1946, Música: José Canet, Letra: Afner Gatti].
Accade che arrivi il momento in cui non riesci più a sperare, non hai la forza per affidarti ad un Fato che promette solo altri naufragi, né vedi attorno a te alcuna possibilità d’Amore. Allora ti pare che non ci sia altro da fare che lasciarsi trasportare dagli eventi, magari rifugiandosi nelle incombenze quotidiane, senza più lanciare lo sguardo ed il cuore oltre l’orizzonte, poiché non speri più che vi sia qualcosa “… Siamo stati abbracciati all’angoscia di un presagio, nella notte di un vicolo senza via d’uscita, pallidi relitti di un naufragio, scossi dalle onde dell’amore e della vita. Siamo stati spinti da un vento desolato… ombre di un’ombra che tornava dal passato. Siamo stati la speranza che non giunge, che non basta, che non riesce a intravedere la mite sera. Siamo stati il viandante che non implora, che non prega, che non piange, che si lascia morire…” [Fuimos, Tango 1945, Música: José Dames, Letra: Homero Manzi]
Per me è così adesso. L’unica sollievo che riesco a trovare, quando guardo in me e non trovo né volontà, né sogno, né speranza, potrà sembrarti paradossale, è nell’alimentare la gratitudine: è come coltivare un giardino segreto per chi un giorno ci sarà, anche se davvero non lo spero più e senza speranza anche ogni volontà muore. Ho imparato che, così come coltivare il mio amato giardino, protetto da sguardi distratti ed indiscreti da alte mura, anche aver cura di questo giardino interiore dona gratificazione e un raggio di luce che scalda il cuore.
Allora penso che, se mai quella persona dovesse arrivare, allora per accoglierla io ruberò le parole di questo Tango: “Grazie, perché sull’orlo del baratro, quando ero già perso, hai fatto rinascere la mia speranza. Grazie, per il bene che alla mia esistenza senza fortuna ha portato la tenerezza della tua voce. Grazie, per l’aurora che hai acceso, per la fede che mi hai insegnato, per la vita che mi hai dato. Grazie, perché un giorno mi hai salvato dal vivere senza più cuore, con la tua canzone”. [Gracias, Tango, 1946, Música: Elías Randal, Letra: Carlos Bahr]
Grazie Tango.