Parole, parole e … poi? Alla riscoperta del significato per ricordarci dei perché

di Paolo Cavaleri

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L’EDITORIALE – Carissimi redattori e amati lettori,

È un piacevole intermezzo quello che mi trovo a indicare qua sopra. Lasciandovi al numero precedente, con un concetto chiave per cercare di indicare cosa sono i pensieri -“possono anche rimanere in quel mondo iperuranico, fatto di favole e uragani, dove solo chi ha coraggio di aggrapparcisi sa benissimo a chi e come manifestarli …” – è giunto il momento di passare al secondo step … le parole. Non importa quanto si scrive o si dice, oggi, nel nostro mondo pieno di concetti, allusioni, dove il ragionamento del raziocinio è d’obbligo, è importante anche ciò che non viene detto o scritto. Ma andiamo per ordine. Ciò che segue sembra banale ma l’ovvio, per quanto non si voglia vedere, è presente.

Cominciamo con semplice ragionamento:
La parola è il riflesso di un pensiero. Un pensiero è causato da un evento o un desiderio”.

Qui ci si appella fra il mondo interiore delle emozioni, e ciò che fuori può provocarle. È il confronto con l’altro, il vivere una situazione inaspettata che spinge noi a cercare soluzioni e usare parole adatte per testare le ragioni di un dolore. Nella storia, da quando l’uomo ha pronunciato le prime parole, ha sempre cercato l’interazione o lo scontro coi simili. Per guerra o per amore, indi per dividere o unire, le parole sono state la prima forma-pensiero degli individui per affermarsi: dalle pitture rupestri alle tavolette di argilla e incisioni su terracotta, dai rotoli di papiro egiziani fino al sistema della stampa che ha portato le prime enciclopedie, passando su carta milioni di secoli di conoscenza. È stata la necessita di comunicare, l’impellenza dell’interazione, e anche se non sembra, l’impossibilità di frenare un istinto di trasmissione del proprio io. La parola, e prima ancora il suono di un fonema espresso dai primi uomini, ha dato a noi la facoltà di esprimerci, e autodeterminarci come individui. Da qui, potremmo chiederci com’è stato possibile uno scambio fra tribù e società più moderne che paradossalmente ha portato a genocidi: temo sia il folle disequilibrio fra valori e convinzioni. Quando la propria convinzione non ha un valore, allora non rispetterà quella degli altri. Purtroppo non vi sono parole che tengano di fronte a odio e desiderio di conquista. Eppure anche queste oscenità vanno considerate.

L’etimologia è utile come recupero del significato di un concetto. Il significante è la parola sterile, fredda, che si colora con un significato, formato da anni di storie vissute e contestualizzazioni di un determinato concetto. Il significante è la forma, il significato il contenuto. Ma questo significato ha valore per tutti? Una risposta accettabile, potrebbe essere: “Non per chi non vuole conoscerlo”. Così come non possiamo pretendere di essere ascoltati, dobbiamo prepararci ad accettare il fatto, come scrissi tempo addietro, di ‘dover recuperare il valore delle parole’ se vogliamo comprendere a fondo alcuni comportamenti. Prendiamo la parola casa. Credete che abbia lo stesso significato per un uomo che fa impresa nella Silicon Valley alla stessa maniera di quelli che erano gli indiani d’America? Lo dico perché è curioso come l’uomo, quando diventa ricco da un punto di vista materiale, poi cerchi di giustificare un’attrazione per la spiritualità. Questa non è solo una provocazione, ma è una contraddizione.

C’è un concetto che negli ultimi anni risuona in tutti gli ambienti: post-moderno. Parola composta e arricchita da questo appellativo, post (che viene dopo), descrive teoricamente il tempo in cui viviamo dove parole e oggetti sono svuotati di senso. Ciò provoca l’inutilità delle azioni e induce alla fede del non-senso e alla disaffezione per il prossimo. Detto più semplicemente, perché impegnarsi se non serve. Questa è una delle tremende sfumature del nichilismo. Così potrebbe spiegarsi il perché, parole come ‘promessa’, ‘giuramento’, ‘tradizione’ facciano paura oggi più che mai. Perché? Probabilmente siamo a un punto storico, dove molto è stato detto, ma poco è stato fatto … diciamo pure che in parte è stato disfatto. Non sto parlando del singolo che sempre può rivendicare una propria libera autonomia, dove ritiene giusto. Pensiamo ancora a una volta a chi emigra perché di fondo, al di là delle possibilità economiche, ha una diversa aspettativa della vita. Quello che manca oggi è l’unione degli intenti, una prospettiva sana, e la riscoperta di alcune necessità comuni, che se viste solo di proprietà esclusiva, portano alla miseria e debolezza delle generazioni future.

Tutti hanno bisogno di nutrirsi, non di mangiare per modelli estetici su piani di marketing. Ogni persona deve avere dimora e vestiario, non rimanere povera per rappresentanti, lautamente pagati, mantenendo così status di altri coordinatori. E nessuno dovrebbe avere privilegi per i diritti negati al prossimo. Questo è un esempio di riscoperta delle parole nei concetti: dovremmo nutrirci non mangiare, essere dignitosi e non sentirsi mancanti, portare eguali diritti e non tutelare privilegi per pochi.

Per non cadere in una dimensione di fanciullina utopia, e necessario comunque ribadire che le parole mirano ai concetti, ciò significa che possono porre dei giusti limiti nell’espressione dei desideri. Questo porta all’atto pratico e non a riflessioni sterili. Quando l’azione pratica è guidata da parole di valore, intrise di un significato di rispetto nei confronti del mondo e della sua storia, perché abbiamo coscienza di esserne parte anche in piccola misura, allora se il concetto ha un senso, l’azione avrà una conseguenza reale, per lo meno per chi la fa. Utile è il detto “Un esempio vale più di mille parole” come è anche vero che l’esempio è cosciente della propria risonanza, se conosce il vero significato della sua causa. È il perché che serve ora. Ciò vuole dire che è necessario agire soprattutto quando si conosce il vero valore dei concetti di una cosa.

Sta a noi post-moderni, dare un nuovo senso a questa vita fra natura e tecnologia, moderni pensieri e ancestrali visioni, volti a una nuova prospettiva.

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