La diversità per onorare le piccole differenze e promulgare novità all’orizzonte


Carissimi redattori e amati lettori


L’EDITORIALE – Se di vive credenze abbiamo scritto, ora, al di là delle legittime convinzioni, ho cercato di vedere ciò che ci distingue, non per elevarsi, al massimo per mostrarsi e affermare quel che di diritto preserviamo, anche, per gentile assenso: l’arte.
È comune pensiero credere che l’artista sia contro un sistema. Chi si dedica oggi, così come ieri, al canto, al ballo, alla musica e, perché no, alla scrittura, è visto in un certo qual senso, strano, diverso o eccentrico.


Diverso, proprio su questo, conviene la maggior parte delle persone quando si tratta di riassumere peculiari attività di un soggetto, che in arte si diletta, di testi ne scrive o di linee, colori e versi, ne fa un suo modo di essere. La diversità è spesso vista come una differenza, ma se prendiamo questi due termini non hanno proprio lo stesso significato: ciò che è diverso è deviante da un ‘verso’ e quel che è differente può esserlo anche di un minimo rispetto alla norma. La diversità è sempre nota, in quanto celebri le differenze, dove queste nella normalità sono presenti ma acquietate da altre indoli.
Oltrepassiamo fattezze fisiche e appartenenze sociali, approfondiamo il pensiero e vedremo come la pura diversità è una grande differenza, quando, invece, la differenza è piccola non disturba la normalità. Questo significa che l’essere veramente diversi è ritenuta un’eccezione quando c’è una grande componente delle società umane: l’interazione. Che sia voluta o accidentale, l’interazione, è vitale per vedersi, accettarsi, scontrarsi ed è di una straordinaria naturalezza il modo in cui, da qui, si passi alla formazione di altri equilibri con nuovi gruppi sociali.
Vi sono proverbi che alludono al concetto di diversità ‘Il mondo è bello perché è vario’ e più anticamente ‘La differenza è ricchezza, senza differenza non vi sarebbe la vita’, i quali sembrano essere favorevoli alla diversità di un contesto. Ma è solo ora, intersecando i concetti di ‘normalità’, ‘interazione’, ‘equilibrio’ con quello della diversità, che riesco a capire che sono le differenze di una essenza a determinare la diversità di un essere vivente per gli altri: se i gusti, le opinioni e gli atteggiamenti di una persona, hanno peso in quantità e in qualità, superiori alla normalità di un gruppo, allora questa verrà vista diversa. Da qui, a seconda dell’etica di questo gruppo, si deciderà se è gradita o meno la sua presenza. Per contro anch’essa
per sua diversa natura, non potendo interagire con tale normalità, potrà scegliere di mostrarsi altrove.
Bene, e se vi dicessi che in realtà, nessuno è uguale all’altro, ognuno agisce come crede sia meglio e mai vi sarà una normalità priva di diversità? Dunque si può affermare che la normalità è uno splendido punto di vista umano.


Abbiamo già parlato di cosa sia la ricchezza, o l’importanza di una identità, e dell’inevitabilità dei
cambiamenti, tutto necessario a trovare delle risposte al fine di convivere meglio. Ebbene, tutto serve ad ammettere che ogni cosa può avanzare e migliorare se lo desideriamo insieme. È ovvio che le opinioni di un naturalista non siano le stesse di un cacciatore, o quelle di un monarca non abbiano punti in comune con quelle di un repubblicano. In egual maniera potremmo comunque chiederci, come una donna palestinese sposi un uomo israeliano, o un animale di una razza allevi i cuccioli di altre …


Tutto sta nella necessità di essere accettati, nel desiderio di apprendere, e nel voler profondamente far parte di un qualcosa. Conosco l’impellenza di trovare risposte, e l’agonia nel cercare un proprio posto nel mondo, ma non deve esservi fretta nei processi di apprendimento e nessuna pretesa nel comprendere il diverso: non siamo tenuti a omologarci, bensì a prepararci al nuovo e accettare i cambiamenti che ci formano, essendo fedeli a un proprio percorso.

Ciò è difficile, ma la propria diversità se convivente al giusto ego, porta a straordinari episodi di comunione. Questa, è l’obiezione più grande che si possa fare alle forme più tiranniche di potere: vivere in comunione nelle proprie diversità ed esser liberi di agire lo stesso, anche al di fuori del contesto di nascita o in un collettivo di multiple menti.


È guardando alle altre vite, che possiamo capire le differenze, è lasciando un traguardo morto che
costruiremo nuovi tragitti, ed è conoscendo noi stessi che potremmo capire che il diverso non nuoce al normale, bensì lo colora, lo arricchisce, marcando le piccole differenze che fanno ogni identità di questo strano, unico e insostituibile, mondo.

Paolo Cavaleri

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