di Elisa Heusch
QUARTO OCCHIO – Un fotografo del calibro e della fama di Elliott Erwitt (Parigi, 1928 – New York, 2023) merita senz’altro non soltanto di essere conosciuto anche dalle nuove generazioni e riscoperto in questi giorni nostri, ma anche di essere osservato e approfondito più volte, come è capitato a me negli ultimi due anni. Ciascuno degli scatti da lui realizzati “parla”, raccontando in verità molto più di quanto qualunque parola sia in grado di fare! Nonostante avessi già visitato la mostra ‘Icons’ a lui dedicata nella splendida cornice di Villa Bardini a Firenze, nel gennaio del 2023, non avrei potuto rinunciare (insieme ad un altro gruppo di appassionati fotografi e fotoamatori) ad un passaggio nelle sale degli Arsenali Repubblicani di Pisa, dove l’esposizione – inaugurata lo scorso 26 dicembre 2024 – rimarrà allestita fino al 4 maggio 2025.
La mostra è curata da Biba Giacchetti, organizzata da ARTIKA di Daniel Buso ed Elena Zannoni, in collaborazione con Orion57 ed il Comune di Pisa.
Attraverso 80 scatti iconici, la rassegna celebra il genio di Erwitt che, durante la sua lunga carriera nella prestigiosa agenzia Magnum, ha segnato la storia della fotografia a livello mondiale, avendo modo anche di ritrarre personaggi famosissimi – come nel caso di Marilyn Monroe o il comandante Che Guevara – attraverso il proprio sguardo talvolta romantico, talvolta quasi surreale, e molto spesso ironico e giocoso, che gli ha permesso di avere uno stile unico ed inconfondibile.
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Credo che non servano chissà quante frasi per descrivere la genialità del fotografo, il cui operato rimarrà indelebile ancora per molti decenni, e consiglio vivamente di visitarne la mostra, ma in questa sede cercherò a mia volta di rendere omaggio a questo grande artista, le cui opere sono ormai vere e proprie icone entrate nell’immaginario e nel bagaglio culturale collettivo.
Il merito di Erwitt è stato anche quello di ‘fissare’ con il suo obiettivo fotografico momenti storici importanti o particolari, trovandosi esattamente nel posto giusto al momento giusto, e facendosi da tramite con il proprio sentire e la propria sensibilità.
Tra gli scatti esposti troviamo ad esempio “Reno”, scattata in Nevada nel 1960 sul set del film “The Misfits” (Gli Spostati), la cui particolarità è quella di essere stata l’unica fotografia di tutto il cast al completo.
Robert Capa, fondatore dell’agenzia Magnum, era amico di John Huston, regista del film, e grazie a ciò molti fotografi dell’agenzia avevano documentato più volte momenti delle riprese, ma soltanto Erwitt riuscì a convincere tutti gli attori ad uno ad uno a posare per la foto di gruppo, nonostante il forte caldo e la stanchezza. Attraverso la posa assunta di fronte alla macchina fotografica, ciascuno degli attori rivela in questo scatto la propria personalità, e questo è decisamente merito del fotografo.
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Grazie all’empatia che lo caratterizzava egli è stato anche l’unico che sia riuscito a ritrarre Marilyn Monroe, che conosceva piuttosto bene, in un atteggiamento più intimo e naturale del solito, senza la consueta maschera di attrice; nonostante il fatto che fosse molto abituata a posare di fronte alla macchina da presa, Erwitt ha saputo andare oltre, e cogliere l’essenza della persona più che del ‘personaggio’.
Tra i lavori che gli furono negli anni commissionati possiamo ricordare il portfolio dedicato alla tematica dell’amore, pubblicato dalla rivista “Life” nel 1955, del quale fa parte anche il famosissimo scatto del bacio riflesso nello specchietto retrovisore di un’auto, che non è l’unico della serie ad essere presente in questa esposizione; era una fotografia spontanea e non ‘costruita’: Erwitt la scattò ad una coppia di ignari amici che si stavano scambiando effusioni, e di certo non avrebbe mai potuto immaginare che poi sarebbe diventata così tanto famosa a livello mondiale!
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Un’altra immagine presente in mostra che ha sicuramente fatto storia è quella che vede protagonista Grace Kelly, colta in tutto il suo splendore in mezzo ad altri invitati rivolti verso di lei, durante la festa del suo fidanzamento con il principe Ranieri III di Monaco, nel 1956, alla quale Erwitt era stato invitato. In questo scatto sia la costruzione dell’immagine che l’espressione della futura principessa sottolineano la tensione vissuta in quel momento dalla protagonista, che da attrice famosa stava per cambiare radicalmente la propria vita, e probabilmente per questo era esposta a non pochi giudizi esterni.
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Ma Erwitt non si è rivolto con la propria sensibilità solo al mondo dei personaggi famosi, bensì anche alla sfera della sua vita intima, come dimostra lo scatto del 1953 nel quale sono protagoniste sua moglie e la sua primogenita Ellen, ancora neonata sdraiata nuda supina sul letto mentre la madre la guarda in una sorta di adorazione;
un’immagine che è diventata tra le sue più celebri, inserita nella famosissima mostra fotografica “The Family of Man”.
A questa fotografia, che ho fotografato sopra il monitor sul quale scorreva il video con l’intervista ad Erwitt, sono poi seguite negli anni successivi altre famose immagini in cui erano ritratti anche gli altri cinque figli, che ha avuto successivamente ad Ellen.
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Oltre ad alcune fotografie dedicate al mondo dei bambini, non potevano mancare quelle con protagonisti i cani, ai quali Erwitt è stato sempre parecchio legato (avendo avuto personalmente un fidato ed inseparabile amico a quattro zampe per 17 anni!), che sono state da lui realizzate spesso proprio a partire dal loro punto di vista, e quindi riprendendo più dal basso rispetto alle tradizionali inquadrature, lasciando ai padroni il solo spazio dedicato alle gambe, o ai piedi. Secondo l’autore i cani sono di certo più spontanei degli esseri umani, e non hanno le loro assurde pretese! Molte di queste foto ritraggono i quadrupedi in atteggiamenti buffi o di sorpresa, anche perché Erwitt utilizzava spesso l’escamotage di soffiare dentro un fischietto o una trombetta per richiamare la loro attenzione o farli saltare all’improvviso subito prima dello scatto.
La parte che meglio rivela la spiccata autoironia dell’autore è sicuramente quella dedicata ai suoi autoritratti, nei quali ha dato libero sfogo al suo prendersi non troppo seriamente, come possiamo notare dal ritratto che si scattò con la faccia truccata da cane Dalmata, oppure quello in cui invece ha un dito nel naso come farebbe un bambino.
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Un vero peccato per me non avere avuto l’occasione di poter conoscere dal vivo un “mostro sacro” della fotografia come lui, ma abbiamo comunque la grande fortuna di poter godere di tutte queste immagini senza tempo che ha realizzato durante il corso della sua lunga esistenza, che hanno raccontato diverse sfaccettature di più di mezzo secolo e che ancora hanno molto da trasmettere a chiunque.
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La mostra è visitabile mercoledì giovedì e venerdì con orario 10-13 e 14-19, ed invece sabato e domenica con orario continuato 10-19. La biglietteria chiude mezz’ora prima dell’orario di chiusura della struttura.