di Davide Baroni
Uno degli ostacoli più significativi alla scoperta della verità è il pregiudizio cognitivo: la tendenza a partire da una convinzione preformata e a manipolare o ignorare le prove che non vi si adattano. Questo fenomeno non riguarda solo la fede religiosa o i sistemi ideologici rigidi, ma si manifesta con frequenza preoccupante anche nel mondo accademico, dove le certezze consolidate sono spesso difese con fervore dogmatico.
Il pregiudizio si manifesta in molti modi, spesso alimentato dal timore di mettere in discussione convinzioni profondamente radicate.
Quando nuove scoperte o dati contraddicono una teoria accettata, è frequente che le prove vengano respinte come inaffidabili, senza un’analisi obiettiva. In molti casi, i ricercatori cercano di reinterpretare i dati per farli rientrare nei confini del paradigma dominante.
Piuttosto che confutare le evidenze contrarie, queste vengono spesso ignorate, evitando così di dover affrontare il problema. Inoltre, quando un ricercatore propone un’ipotesi rivoluzionaria è frequente che venga attaccato personalmente e definito “dilettante” o “complottista”. Tali attacchi non si concentrano sulle prove, ma mirano solo a screditarlo per preservare lo status quo.
Troppe volte un’ipotesi, anche se inizialmente debole, può trasformarsi in un fatto apparentemente indiscutibile attraverso decenni di ripetizione e accettazione passiva.
Dobbiamo considerare anche il fatto che, nonostante l’apparente obiettività del metodo scientifico, il mondo accademico non è immune a dinamiche di potere e influenze politiche. Gli studiosi non operano in un vuoto e i pregiudizi possono influenzare il loro lavoro in modi significativi. Inoltre, quando una teoria consolidata viene confutata, coloro che vi hanno dedicato la carriera possono sentirsi minacciati. Ammettere un errore potrebbe significare mettere a rischio la propria reputazione e il sostegno finanziario. A questo punto, molti ricercatori, piuttosto che rispondere alle critiche con prove e analisi, fanno leva sulla loro autorità istituzionale per sostenere ipotesi obsolete. Questo atteggiamento non solo frena il progresso, ma mina la credibilità del metodo scientifico.
Non solo gli accademici, molte volte anche i ricercatori indipendenti si comportano in questo modo. Quindi bisogna stare attenti, perché anche gli scettici che sfidano le idee convenzionali possono cadere nello stesso errore. La loro determinazione a opporsi può essere accompagnata da pregiudizi altrettanto forti, che li portano a ignorare o minimizzare prove che potrebbero contraddire le loro convinzioni. Spesso, gli scettici tendono a focalizzarsi esclusivamente sugli errori delle teorie dominanti, senza proporre spiegazioni alternative solide e supportate da dati.
Lo scetticismo autentico richiede apertura mentale e disponibilità a considerare tutte le prove, ma, purtroppo, molti cadono nella trappola di rifiutare sistematicamente ciò che non si adatta alla loro prospettiva.
Il filosofo della scienza Thomas Kuhn ha osservato che il progresso scientifico non è lineare, ma si sviluppa attraverso cambiamenti paradigmatici, spesso dolorosi e controversi. Quando una teoria consolidata è contestata da nuove prove, si verifica una crisi che può portare a una rivoluzione nel modo di pensare.
Le idee innovative trovano spesso resistenza nelle generazioni accademiche più anziane, mentre le nuove generazioni tendono a essere più aperte ai cambiamenti. Il progresso avviene spesso quando il passaggio generazionale riduce l’influenza dei sostenitori delle vecchie teorie.
Scoperte inizialmente etichettate come miti o leggende, possono rivelarsi fondamentali una volta che vengono riesaminate con nuovi strumenti e metodi. Per superare il pregiudizio cognitivo e avvicinarsi alla verità, è essenziale adottare un approccio rigorosamente imparziale. Le teorie devono essere costantemente riesaminate alla luce di nuove scoperte, senza timore di modificarle o abbandonarle se non sono più supportate da dati.
La collaborazione tra discipline diverse può offrire una comprensione più completa e ridurre l’influenza dei pregiudizi individuali o di gruppo.
Ammettere errori o limiti nelle teorie non dovrebbe essere visto come una sconfitta, ma come una dimostrazione di integrità scientifica.
Il pregiudizio quindi è una delle barriere più significative al progresso scientifico e alla ricerca della verità. Tuttavia, riconoscere questa tendenza e impegnarsi per superarla è il primo passo verso un approccio realmente obiettivo. Come disse Galileo Galilei: “La verità è figlia del tempo, non dell’autorità”. Solo adottando una metodologia aperta, critica e basata sulle prove possiamo sperare di avvicinarci alla vera comprensione del nostro mondo.