Perché è importante essere fortunato?

di Prof. Apostolos Apostolou  Scrittore e  professore di Filosofia

Perché la realtà si vendica nella vita? Arthur Schopenhauer scrisse: «Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore. Tutto questo durò finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.»(Arthur Schopenhauer, capitolo XXI Parerga e Paralipomena). La giusta distanza e la medietà nella costruzione della vita dirà Arthur Schopenhauer, questo è l’ affascinante amaro gioco della vita.

Perché è importante essere fortunato? 

Perché nelle crepe della vita esiste la metafora dell’uomo: «Un uomo ricco di spirito, in perfetta solitudine, s’intrattiene in modo eccellente con i suoi pensieri e le sue fantasie, mentre un uomo ottuso si annoia nonostante un continuo avvicendarsi di spettacoli, feste ed escursioni.» [1] Finalmente il mondo si trova oltre le forze umane: «Un carattere buono, moderato e mite può essere soddisfatto anche in circostanze molto misere, mentre un carattere malvagio, avido e invidioso non lo è nemmeno con ogni ricchezza possibile.»

Perché è importante essere fortunato? 

Perché nella particolare sensazione la verità non ha importanza. «Un uomo deve pure sapere ciò che vuole e sapere ciò che può: solo così mostrerà carattere, e solo allora potrà compiere qualcosa di buono.» La vita infine è il passaggio del desiderio. «Un uomo non si sente affatto privato dei beni ai quali non si è mai sognato di aspirare, ma è pienamente contento anche senza di essi, mentre un altro che possegga cento volte di più del primo si sente infelice quando gli manca una sola cosa da lui voluta.»

Perché è importante essere fortunato? 

Perché a potenza sempre difenda la follia e cerca la saggezza. «Molti ricchi sono infelici perché sono ignoranti, eppure di regola ciascuno si preoccupa più di acquisire che di educarsi, senza rendersi conto che ciò che si è contribuisce alla felicità molto più di ciò che si ha!»

Perché la vita, il sogno, e la preparazione è una prontezza creativa: «Noi rassomigliamo agli elefanti catturati, che per molti giorni orribilmente strepitano e lottano, finchè non vedono che ciò è inutile, e allora, improvvisamente ammansiti, offrono il collo al giogo, domati per sempre. Siamo come il re Davide, il quale, fintanto che il figlio viveva ancora, investiva incessantemente Jehovah con preghiere e si agitava disperatamente, ma, non appena il figlio fu morto, non ci pensò più. Ai drammatici eventi della vita sempre è presente il cenno d’assenso: «Non manifestare grande giubilo o grande afflizione riguardo ad alcun avvenimento, poiché la mutevolezza di tutte le cose può in ogni istante trasformarlo completamente; assaporare piuttosto in ogni momento il presente nel modo più sereno possibile: questa è saggezza di vita.»

Perché cerchiamo la certezza della ricompensa ? «Colui che mantiene la calma in tutte le avversità della vita mostra semplicemente di sapere quanto immensi e molteplici siano i possibili mali della vita, sicchè egli considera il male presente come una parte minima di ciò che potrebbe capitargli. Viceversa, chi è consapevole di questo fatto e ci riflette non perderà mai la calma. All’s well that ends well [Tutto è bene quel che finisce bene, W.Shakespeare]»

Perché chi ha detto, che la vita è un’argomentazione? «Ci si guadagna molto di più se si impiegano le proprie forze nell’educazione della propria personalità, anziché investirle nell’acquisizione di beni di fortuna. Soltanto che quest’ultima non deve venire mai trascurata al punto di condurci in miseria.»

Perché è importante essere fortunato? 

Perché la vita è il migliore sonnifero: «Nella vita è come nel gioco degli scacchi: in entrambi i casi facciamo, è vero, un piano, ma esso rimane assolutamente condizionato da ciò che avranno voglia di fare l’avversario negli scacchi e nella vita il destino. Le modificazioni che ne derivano sono per lo più talmente significative che in fase di realizzazione il nostro piano sarà appena riconoscibile in alcune linee fondamentali.»

Perché ciò è sempre presente e tuttavia: «Spesso si prova un’invidia ingiustamente per l’altro per via di qualche avvenimento interessante della sua vita, mentre dovrebbe invidiarlo per la ricettività in virtù della quale tali avvenimenti appaiono così interessanti nella sua descrizione. Il medesimo avvenimento che, capitando a un genio, risulta sommamente interessante, in una testa vuota sarebbe diventato una scena insignificante tratta dal mondo quotidiano. Allo stesso modo per il melanconico è già una scena tragica ciò che per il flemmatico e il sanguigno lo è molto meno. Dovremmo quindi mirare meno al possesso di beni esteriori che al mantenimento di un temperamento sereno e felice e di un sano buonsenso, i quali dipendono in gran parte dalla salute: mens sana in corpore sano [Sana la mente in  corpo sano, Giovenale – Satire, IV, 10 ]». 

Perché la felicità può esprimere questo soffio invisibile? «Ne risulta chiaramente quanto la nostra felicità dipenda da ciò che siamo, dalla nostra individualità, mentre per lo più si tiene conto solo del nostro destino e di ciò che abbiamo. Il destino può diventare migliore e la moderazione non pretende molto da esso, ma un babbeo rimane un babbeo e un ottuso gaglioffo un ottuso gaglioffo per tutta l’eternità, fosse egli in paradiso circondato da urì. La personalità è la felicità più alta.»

Perché ha ancora un senso l’ educazione? «L’educazione deve essere adatta all’individualità: molto sapere rende l’uomo comune e limitato ancora più stupido, inetto e insopportabile; viceversa, la mente fuori del comune giunge ad apprezzare la propria individualità solo mediante l’acquisizione delle conoscenze che le si confanno.»

Appunti:

[1] Gli estratti sono dal libro di Arthur Schopenhauer: «L’ arte di essere felici» Edito da Adelphi 2002. Traduzione di Giovanni Gurisatti.

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