di Davide Baroni
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ARCHEOMITO- Distrutta da un cataclisma intorno al 9600 a.C., la civiltà atlantidea ha affascinato per millenni studiosi e ricercatori.
I dialoghi Timeo e Crizia, scritti da Platone, sono la nostra fonte primaria, ma ne abbiamo molte altre che provengono dalle più svariate culture. Vorrei citarne una in particolare, visto che si trova in tantissime case e l’abbiamo spesso sotto gli occhi: parlo della Bibbia.
Sì, anche il Testo Sacro narra della famosa isola, e non sono il solo a riferirlo, molti ricercatori indipendenti, infatti, lo raccontano nei loro studi.
In particolar modo mi riferisco al libro dell’Apocalisse di Giovanni, dove la Grande Babilonia altro non è che la descrizionecodificata di Atlantide.
Nel capitolo 8 dell’Apocalisse, Giovanni descrive una serie di cataclismi che devastarono la Terra. L’interpretazione tradizionale vede questi eventi come profezie di una distruzione futura del nostro pianeta, ma io credo che siano invece frutto di una memoria ancestrale dell’antica catastrofe che ha distrutto Atlantide migliaia di anni fa.
Le somiglianze tra la descrizione biblica del cataclisma e il racconto di Platone sono sorprendenti. Il filosofo greco, infatti, narra di un’isola potente e civilizzata che, a causa della propria corruzione, fu punita dagli Dei attraverso un cataclisma. Il testo di Giovanni, a sua volta, parla di messaggeri inviati dal Signore per punire il mondo: angeli che distruggono ogni cosa al suono delle loro trombe.
Giovanni descrive la Grande Babilonia come una “meretrice…che siede su molte acque”. La città aveva “sette teste”, sette come il numero che formava l’arcipelago di Atlantide anche secondo i testi misterici eleusini, e da esse spuntavano “dieci corna”, dieci proprio come il numero dei re atlantidei. La Grande Babilonia era la capitale di un vasto impero marittimo, grazie al quale “tutti coloro che avevano navi in mare furono resi prosperi”, proprio come gli atlantidei. Fra le sue ricchezze possiamo citare “oro e argento e pietre preziose… perle, lino fine, seta porpora e scarlatto”, inoltre “ogni specie di legno profumato” e “ogni pregevole fattura d’avorio… cose belle fatte di legno pregiato, di ottone, di ferro e marmo”, prodotti che ricordano quelli descritti da Platone nei suoi dialoghi. Anche il motivo della punizione, sia per Atlantide che per la Grande Babilonia, è lo stesso: “la sua iniquità salì al cielo, dove Dio conobbe i suoi peccati… Pertanto, Egli disse, le sue piaghe verranno insieme giorno”. Inoltre, come per Atlantide, anche la causa della distruzione della Grande Babilonia fu una “stella dal cielo… un grande drago infuocato”, che “cadde nell’oceano… tutto acceso, come una grande lampada”.
Nel capitolo 8 dell’Apocalisse, come ho già accennato, le trombe suonate dagli angeli portano distruzione. Vediamo nello specifico:
La prima tromba provoca grandine e fuoco, mescolati a sangue, che bruciano un terzo della terra.
La seconda tromba vede una grande montagna infuocata gettata in mare, trasformando un terzo del mare in sangue e distruggendo la vita marina.
La terza tromba causa la caduta di una grande stella, chiamata Assenzio, che avvelena un terzo delle acque dolci.
La quarta tromba oscura un terzo del sole, della luna e delle stelle.
Per me questi eventi sono descrizioni simboliche relative alla caduta di un asteroide o di una cometa.
Nella Bibbia troviamo anche un’altra similitudine con Atlantide e precisamente nel libro di Ezechiele, dove la città di Tiro rappresenta e sostituisce quella narrata da Platone. Ancora una volta la memoria di un cataclisma del passato si trasforma in profezia e monito per il futuro. “Là fuori, nel mare, diventerai un luogo dove stendere le reti da pesca… Eri una potenza sui mari…Ora le coste tremano nel giorno della tua caduta; le isole del mare hanno terrore di te crollo”. Il destino di Tiro, leggiamo ancora nel libro di Ezechiele, sarà simile a quello del “popolo di molto tempo fa”, che Dio aveva gettato “nella fossa… nella terra sottostante”. Allo stesso modo Dio renderà Tiro “una città desolata… come città non più abitate” e porterà “le profondità oceaniche… e le sue vaste acque” su di esso, così che Tiro “non ci sarà più”. La sua condanna verrà “dal mezzo delle pietre di fuoco”.
Tiro e Atlantide sono entrambe descritte come città ricche, sedi digrandi potenze marittime “nel cuore dei mari”. Anche Tiro, comeAtlantide, aveva “corrotto la [propria] saggezza motivo del [proprio] splendore”. Secondo Ezechiele, i re di Tiro erano diventati violenti e corrotti a causa della loro ricchezza e, per la loro arroganza, si credevano uguali a Dio. “Io sono un dio”, dice il re di Tiro in Ezechiele 28:2. “Io sono un dio! Io sto assiso sopra un trono di Dio nel cuore de’ mari! [Ma l’Eterno dice] mentre sei un uomo e non un Dio”.
Tiro, proprio come Atlantide, una città che un tempo era acclamata come “il sigillo della perfezione, piena di saggezza e perfetta nella bellezza” fu così gettata in fiamme sul fondo dell’oceano, per non risorgere mai più.
L’ipotesi di Atlantide descritta nella Bibbia sotto “mentite spoglie” e presa come esempio per insegnare agli uomini come comportarsi, offre un affascinante punto di vista sulle interconnessioni tra mito, storia e religione. La distruzione della città descritta da Platone e allusa nell’Apocalisse, potrebbe essere l’eco del disastro che ha segnato profondamente la memoria collettiva dell’umanità, intrecciando leggende e testi sacri in un mosaico complesso e intrigante che va ulteriormente approfonditoin modo da svelare, una volta per tutte, il nostro vero passato.