di Elisa Heusch
QUARTO OCCHIO – Questo mese, dato che l’esperienza è molto recente, mi sta a cuore raccontarvi la visione ed il lavoro di un fotografo tedesco (classe 1955) considerato al momento uno dei maggiori artisti al mondo: Andreas Gursky.
Ho avuto modo di conoscerlo meglio rispetto al passato, visitando nei giorni scorsi, negli stupendi spazi del MAST di Bologna, la sua mostra “Visual Spaces of Today”, inaugurata il 25 maggio 2023 e conclusasi lo scorso 7 gennaio.
La mostra “Andreas Gursky. Visual Spaces of Today”, la prima grande antologica in Italia dell’artista che ha coperto oltre quarant’anni di attività, curata da Urs Stahel insieme al fotografo Gursky stesso, ha segnato l’inizio della celebrazione di due ricorrenze: i dieci anni di Fondazione MAST ed i cento anni dell’impresa G.D.
“Fare del lavoro una cultura e della cultura un lavoro”: sono parole che legano insieme queste due realtà, che rappresentano da un lato la cultura aziendale di un’impresa che si è consolidata nel tempo e dall’altra quella della creazione di uno spazio innovativo e partecipativo di produzione del pensiero sul lavoro.
Gli spazi visuali nominati nel titolo, presenti nelle opere fotografiche selezionate da Stahel e Gursky per questa mostra, riflettono proprio questi mondi tematici.
Le potenti immagini dell’artista tedesco rimandano a nuovi modi di concepire il lavoro, l’economia e la globalizzazione e svelano visioni concrete di siti produttivi, centri di movimentazione delle merci, templi del consumo, luoghi di produzione energetica e alimentare, o sedi dell’industria finanziaria.
La mostra ha raccolto 40 immagini dell’artista, il quale vive e lavora a Düsseldorf, prodotte in un lungo arco di tempo – dai primi lavori (Krefeld, Hühner, 1989) fino alle opere più recenti (V&R II e V&R III, 2022) – che hanno coperto grandi distanze tra Salerno (1990) e Hong Kong (2020) e hanno spaziato tra scenari molto diversi, come la moderna industria del turismo (Rimini, 2003) o ad esempio processi di produzione addirittura millenari (Salinas, 2021).
Andreas Gursky è considerato a livello mondiale uno dei maggiori artisti del nostro tempo.
Il suo nome è associato alle fotografie di grande formato, che egli utilizza per il suo linguaggio.
La fotografia di apertura della mostra era quella che egli scattò nel porto di Salerno nel 1990 e che sembra aver segnato la svolta fondamentale nel suo stile, nella sua carriera e quindi nella sua vita.
Si tratta del primo scatto in cui è evidente la direzione ben precisa dell’estetica industriale che diventerà come un marchio di fabbrica del suo lavoro.
In un’intervista al Guardian si è raccontato così:
«Ero sopraffatto da quello che vedevo: la complessità dell’immagine, l’accumulo di merci, le macchine, i container. Non ero sicuro che la foto avrebbe funzionato. Mi sono solo sentito costretto a scattarla. Era pura intuizione. Solo quando sono tornato a casa ho capito ciò che avevo. Ho visto immediatamente quel pattern, quella densità pittorica, quell’estetica industriale. Questa immagine è diventata per me un pezzo importante, un punto di svolta.»
Si può affermare che le sue immagini siano divenute vere e proprie icone contemporanee e che abbiano contribuito a stabilire lo status della fotografia come arte, rendendola anche oggetto di collezione sia per i privati che per i musei.
La composizione visiva delle sue immagini evidenzia l’attitudine dell’artista di selezionare il presente mettendo a fuoco i suoi soggetti, andando a fondo delle cose, mantenendo allo stesso tempo la nitidezza del quadro generale, che è una sua grande prerogativa.
Su tutte le fotografie – che sono quasi sempre il risultato dell’unione di vari scatti – egli compie un grande e meticoloso lavoro di postproduzione per rendere l’effetto visivo desiderato ed amplificarlo ulteriormente.
Nulla è mai lasciato al caso in questo tipo di fotografia.
Personalmente sono rimasta molto colpita da come il perfetto dialogo che si è creato tra gli spazi del MAST e le fotografie esposte abbia offerto a noi visitatori l’opportunità di vivere un’esperienza allo stesso tempo fisica, mentale ed emotiva. In queste immagini l’osservatore si perde tra i dettagli, le ripetizioni talvolta quasi ossessive, e le spettacolari visioni d’insieme.
Gursky riesce a sfidare lo sguardo ed il pensiero di chi guarda, evidenziando tratti del paesaggio contemporaneo in modo efficace e particolare, ed innescando riflessioni su come i paesaggi intorno a noi si stiano modificando negli ultimi decenni, con tutte le loro moderne contraddizioni, e sugli effetti dell’interazione tra l’uomo – ed il consumismo di cui è capace – e gli ambienti naturali.