Il tempo: piacevole condanna e indispensabile risorsa

L’EDITORIALE – Carissimi redattori ed amati lettori,

qui uno step finale che racchiude il passato, presente e il futuro: il tempo.

Esso è l’invisibile attore che caratterizza la nostra vita e, a detta di molti, mai è sufficiente. Tremenda questione quella del tempo, perché quando ci accorgiamo che è passato ed è stato mal investito vengono i più orribili dei suoi lasciti … i rimpianti. Bè, non essendo un grande percettore e amico del tempo in quanto essere mortale, ho pensato di passarvi semplicemente dei concetti dal mondo antico, quando l’uomo viveva tra i soli e le lune e si cominciò a uscire da quelle credenze archetipali che un fulmine fosse l’ira del Dio di turno. Ma prima di questo una figura ancora più arcaica.


Che lo abbiate riconosciuto, o vi tocchi o meno la sensazione di averlo già visto, è il simbolo dell’Uroboro. Adoperato e raffigurato in molte civiltà e nelle religioni di riferimento, racchiude in sé il concetto dell’eterno ritorno. Potremmo usare questa immagine per capire per esempio la ciclicità della vita: si dice che non perpetuiamo alcune scelte per la ragione opposta con cui perseveriamo in altre. Che cosa ci ferma se non il disagio e l’insicurezza palesata di un futuro che in quel presente non riusciamo a vedere?

E forse, non sentiamo nostre determinate sinapsi cerebrali in altri processi di costruzione, apprendimento e del nostro lavoro, che ci convincono sia il tragitto giusto?

Lasciando stare il rettile, che ha altri significati opinabili e di appartenenza di altre “razze”, guardiamo al cerchio, simbolo di perfezione, univocità e di eterno ritorno sui propri passi. Dunque quello che percepisco non è tanto cosa facciamo ma come lo facciamo.

Spesso ho confronti con molte persone che dopo confessano una qual certa monotonia dell’esistenza … ne convengo assolutamente e forse il tempo non è importante in sé, o meglio è importante se vissuto in relazione a qualcosa che ci possa far esprimere al meglio di come vorremmo. Impresa non sempre facile per noi uomini moderni, vivendo in quest’epoca veloce, tecnica e funzionale solo ad avere, troppo spesso assopendo il nostro vero io.

Guardando ad altre due figure, si va a scoprire come si considerava questo protagonista. Veniva chiamato Padre-Tempo, ma andando a ritroso nella storia, potevamo trovare due concezioni differenti:

Kaios, il tempo come occasione e momento di opportunità fondamentale per cambiare la nostra vita e il tempo come Aion. Si notano, dal punto di vista iconografico per la prima immagine delle caratteristiche come le ali (per alludere al librarsi prima di un viaggio) o la bilancia (per soppesare una scelta).

Questo seconda immagine ha una tradizione più medio-orientale, è il tempo inesauribile che sempre c’è e in cui tutto è creato e riproposto. La figura ha uno scettro (come il potere e controllo sull’esistenza) e il serpente (avvolto come lo scorrere di una vita).


Perché allora il Tempo, più tardi fino a noi è collegato ad altri simboli come la clessidra, la falce e la morte? Semplice, per una fortuita casualità culturale che si è andata a consolidare: Chronos come parola greca temporale, assomigliava al nome Kronos, il Dio più vecchio e temuto dai romani e patrono dell’agricoltura.
Ecco che, molto probabilmente, nei secoli, passando per i neoplatonici e i medioevali, Chronos, come tempo, divenne un’accezione negativa perché collegata alle carestie e all’infertilità.


Mi fermo qui, per approfondire questa figura potrete leggere “Studi di Iconologia” di Erwin Panofsky (cap. 3 – Il Padre Tempo).

Alla fine al di là di queste convenzioni culturali, utili, interessanti e arricchenti, ho scelto, come al solito, di ascoltare il mio istinto. È di poche ore fa, quello che alla mia mente appariva come un pensiero comune.
In molti penseranno ad Einstein ma la verità è che l’ho scioccamente reinterpretato, e vi confesso che poi ho pensato anche a Proust, nella sua opera letteraria, che non ho mai letto, “Alla ricerca del tempo perduto” dove il protagonista sembra scoprire il senso della sua vita nell’arte.

‘Il Tempo è relativo’ o ancora ‘La Teoria della relatività del Tempo’, tutto lecito, provato e discusso, ma come un lampo, in mezzo ai frangenti di questo che scorre ho creduto, non al concetto del tempo in sé, quanto a cosa sia collegato.
Il tempo per noi esseri umani è connesso, nel bene e nel male, a persone, oggetti o luoghi. Che siano circostanze o più sentimentalmente ricordi, comunque sia viviamo in rapporto a qualcosa o qualcuno.

Così, quando guardo un bambino con il futuro davanti riflesso negli occhi, vi vedo dipinto anche il retaggio dei genitori insieme al suo continuo meravigliarsi nel gioco.
A volte invece sapendo della scomparsa di altri affetti, spezzata da eventi o malattie, sono i luoghi a divenir pietre di un nuovo presente per un oggi più sobrio, consapevole e operoso.
Che dire degli oggetti, dove alcuni hanno un senso più profondo dell’aspetto e della forma.

Questo, per me, è il perché si caricano i luoghi e le cose di sogni, e le persone che di lì passano e di questo vivono apprendono speranza.

Che mai sia scontato che qui siamo per le scelte di altri che ora non vi sono più, e che sempre sia forte la motivazione per la costruzione di una propria esistenza.


Fonte immagine Uroboro https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/7/71/Serpiente_alquimica.jpg

Fonte immagine Kairos https://diquipassofrancesco.blogspot.com/2011/01/il-kairosil-tempo-di-dio.html

Fonte immagine Aion https://elenaedorlando.wordpress.com/2015/10/24/aion-fanes-e-orfeo/

Fonte immagine Saturno https://jt1965blog.wordpress.com/2019/12/17/saturnalia-17-23-dicembre/

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