© di Apostolos Apostolou. Scrittore e professore di filosofia
In accordo con la letteratura Greca antica, il termine «dialettica» indica «la maggiore conoscenza scientifica» la quale procede dall’ arte del «domandare, e del darsi delle risposte», in quanto vi è «dialogo» tra le creature viventi. La dialettica è prima di tutto confronto e poi diventa una armonia. E’ confronto tra due membri o molti membri. Cosi quando parliamo di dialettica dobbiamo conoscere che la base della dialettice è il confronto. Insomma, la dialettica si fonda sul «linguaggio sempre esistente» il quale rappresenta un concetto complesso, che include il «discorso» e la «narrazione», l’«argomentazione logica» e l’ «intelletto». Per estensione, attraverso la dialettica, le creature razionali s’interrogano circa l’«essere» e il «non essere», ricercando la «sostanza» e la «vera natura» tanto delle cose quanto delle creature. Così gli uomini si soccorrono scambievolmente, onde scoprire e diffondere la «verità». Da una parte il «linguaggio inarticolato» costituisce una caratteristica fisiologica «di tutti gli animali», di modo che essi possano «comunicare l’ afflizione e il piacere» che sentono. Dall’altra, il «linguaggio articolato» è coltivato dalla società ovvero dalla «polis» e dalla civiltà, dalle creature animate che si distinguono come «gli animali più civili che si esprimono su ciò che è vantaggioso o nocivo, su ciò che è giusto o ingiusto». Dialetticamente, di conseguenza, sulla base della pedagogia «entrano in sintonia i sentimenti impulsivi» dei membri della società e attraverso l’ «insegnamento» sopravviene la «purificazione tramite compassione e timore di questi patimenti».
Durante il periodo arcaico della civiltà Greco antica, Eraclito (554-480 a.C.) produsse l’ idea che «tutto muta». Durante l’ età classica, Aristotele (384- 322 a.C), ha definito la natura come «il principio del movimento e del mutamento». Nella fattispecie, i mutamenti susseguentisi derivano dalle passioni, ma diventano avvertibili sotto forma di patimenti. In genere, si manifestano o come «genesi», o come «corruzioni e alterazioni», le quali sono provocate per effetto di «opposizioni», dal momento che «ciò di cui non esiste l’opposto, non può essere distrutto». Assai di più, da parte del cambiamento, viene prodotto «rifiuto», il quale costituisce un «residuo della situazione antecedente», nonostante continui a sussistere all’ interno della sintesi della realtà sviluppatasi, in ogni caso come non in atto ma in potenza o come biologicamente infettivo, o come un elemento ideologicamete profanatore. Per tale ragione, simbolicamente o in modo autoritario, la comunità organizzata tende ad estrudere o ad ostracizzare dallo spazio della collettività, tanto dell’ azione poetica quanto dell’ azione civile, tutti i membri non omologabili e quelli che si pongono contro il regime, caratterizzandoli come «cacciati» o come «capri espiatori», come «velenosi» o «carogne» e «miserabili» (rifiuti).
Di conseguenza, la dialettica necessaria si espande alla realtà, «estemporaneamente» e in maniera incontrollabile, in base delle antinomie che regolano la «tragedia vera», la quale si fonda sulla polis e si incentra sulle contraddizioni che si sviluppano tra il logo e l’antilogo egocentrico. Inversamente, la buona dialettica richiede di sopprimere il «comportamento ingiurioso o tirannico», il quale viene alla ribalta corrispettivamente alle «sei parti della tragedia poetica», il mito e la morale, la parola e lo spirito, la prospettiva e la melopea. A questo modo, tramite le opposizioni imitative i «reggitori civili» e gli «esarchi cerimoniali», cercano di trovare il modo di attenuare le opposizioni autentiche, portando i membri di ogni consesso sociale, dal concetto soggettivo alla saggezza oggettiva, e dalla disarmonia iniziale all’ accordo finale.