di Paolo Cavaleri
Andato in scena questo inverno, alla Fondazione/Teatro Goldoni di Livorno, lo spettacolo “Misericordia” anticipa e rivela il messaggio che l’autrice siciliana chiede agli spettatori.
Dante, come drammaturga di retaggio culturale classico, formata nelle grandi realtà teatrali di Roma, all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, e a Torino, compone il suo linguaggio onorando la terra d’origine. Nel ’99 al ritorno nella sua Palermo, fonderà la Compagnia Sud Costa Occidentale con attori che si inoltrano nel mondo del laboratorio teatrale avvalendosi di una fortissima corporalità.
Si farà conoscere al grande pubblico per la Trilogia della famiglia nei primi anni duemila (Carnezzeria; MPalermu; Vita mia), nel suo percorso di formazione ha conosciuto Andrea Camilleri, Michele Perreira, Gabriele Vacis, Cesare Ronconi e Harold Pinter (premio Nobel per la letteratura nel 2005).
Guardando molto al Living Theatre ed a autori come Kantor, è un’affermata autrice, regista, attrice e scrittrice.
Il potente messaggio di “Misericordia”
La storia di questo elaborato teatrale è diretta. Ambientata ai giorni nostri in Sicilia, Anna (Leonarda Saffi), Nuzza (Manuela Lo Sicco) e Bettina (Italia Carroccio) sono tre donne che di giorno lavorano a maglia e di notte vendono i loro corpi. Atto unico con tre prostitute e un ragazzo mentalmente compromesso, figlio di una loro amica assente, Lucia. Ella è morta due ore dopo il parto, il padre era un certo falegname proprietario di una segheria che la uccise a calci e pugni.
Misericordia illustra e racconta le speranze, i sogni e le illusioni di una cruda realtà, dove in condizioni precarie queste tre mamme desiderano un futuro migliore per il fanciullo di nome Arturo (Simone Zambelli).
Una sublime danza tra scenografia, che gioca con simbolismi e metafore visive, illuminazione per enfatizzare i tratti narrativi che alludono alla violenza, e i costumi che nei loro parametri formali (forma, luci e colori) richiamano l’ancestrale energia femminile e maschile.
Il nudo che nei gesti, in particolare per la figura di Arturo (Zambelli nasce come danzatore), si mostra con grazia e nevrosi.
Grazie a questi movimenti prolungati si allude al tema del burattino Pinocchio:
Arturo è un fanciullo che per diventare ragazzo deve affrontare il mondo, andando avanti con lo spettacolo egli impersonifica con i costumi sempre più il maschio, equilibrato, silenzioso, naturale. Durante la prima parte è in scena con una performance attoriale schizofrenica e disarmonica per comunicare la realtà infantile in cui la sua condizione lo obbliga.
Le donne sono la forza di quella stessa vita che desiderano per il figlio adottivo, le loro parole, quella parola che la Dante magistralmente emette anche con accenti del sud Italia diversi nella stessa conversazione, sono di una paralinguistica (dialetto) che ricorda le terre d’origine di queste trame di vissuta esistenza.
La musica accompagna sia il presente delle donne, con tendenze arabeggianti per alludere alla loro costrizione sessuale, sia del ragazzo che, sotto la colonna sonora della favola di Collodi che ha il Leitmotiv della miniserie del ’72 con Nino Manfredi del compositore Fiorenzo Carpi, testimonia come questo sentito messaggio sia la storia di una persona che nel tempo matura grazie al potentissimo amore materno.
La donna nei lavori di Emma Dante è predominante, ma non scioccamente intesa come le gerarchie degli uomini di potere, bensì come promulgatrice di vita, conservatrice e protezione di questa, anche nei confronti delle violenze fisiche del mondo maschile: il femminile è propriamente un’energia, superiore a quella mascolina, in quanto l’uomo anche se compartecipe nel gioco della vita allo stesso tempo la dissacra.
Sta dunque alle donne, di questo universo autorale, proteggere e supportare col dolore nel cuore per le cose che questa realtà ipermoderna toglie giorno dopo giorno: compassione e speranza.
Come per “Le Sorelle Macaluso” celebrato con un film, anche per quest’opera dal palco teatrale vi sarà probabilmente una trasposizione cinematografica, dando così un sapore rinnovato di dolcezza e misericordia che a questa nostra società manca da molti anni.