di Andrea Sardi
CAFE’ DOMINGUEZ – TANGO ARGENTINO RUBRICA – Voglio, desidero, bramo, aspiro… in ogni sfumatura c’è un soffio vitale che porta a cercare di raggiungere una meta, ad andare avanti. A vivere!
Eppure, sai, ogni gradazione di questo impulso si traduce in una espressione con un significato preciso, sia nella nostra lingua, sia in quella del tango, dove le parole s’arricchiscono, con la contestualizzazione nelle diverse letras, di una intensità e d’un tono unici. Scelgo quattro di questi apparenti sinonimi del volere e quattro tanghi: afàn, querer, anhelo, deseo.
Inizio in salita, con afàn ed un tango indimenticabile, “Uno” [Tango 1943, Musica: Mariano Mores, Testo: Enrique Santos Discépolo], le cui parole sono scritte da un poeta tradito persino dagli affetti più cari: la compagna, la cantante Tania Mexican, con i suoi frequenti adultèri, e quello del fratello maggiore che s’appropriò della paternità letteraria di alcune commedie scritte dal Discepolín.
“… Uno va arrastrándose entre espinas y en su afán de dar su amor, sufre y se destroza hasta entender: que uno se ha quedao sin corazón…” . Eh, si, “… uno va strisciando tra le spine, bramando di dare il suo amore, soffre e si distrugge fino a capire, che è rimasto senza più cuore…”. Nel afàn c’è un impegno grandioso, eroico, di chi “soffre e si distrugge”. E poi? Poi “… Se io avessi il cuore… (lo stesso che ho perso!…) Se scordassi quella che ieri lo ha distrutto e… potessi amarti… mi abbraccerei alla tua illusione… Ma Dio ti ha portato al mio destino, senza pensare che è già troppo tardi, e non saprò come amarti… Pura come sei, avresti salvato la mia speranza con il tuo amore…”. Il canto di un uomo stanco, svuotato d’ogni sentire a causa di un amore maledetto che lo ha distrutto, ma che ancora sa riconoscere la fiamma nascente di quell’amore che desidera e che teme. “Non saprò come amarti”, dice, ”No sabré cómo quererte…”. Querer: amare… ma anche volere!
Siamo tutti nati per amare, quindi per volere, non credi?
Come dice quel tango del quaranta “ … Sono nato per amare, non posso farne a meno… Sono nato per amare anche se devo soffrire … La sofferenza per una donna è la gioia di vivere… Sono nato per amare, non riesco a contenermi…” [“Yo nací para querer”, Tango, Musica e testo: Francisco Canaro].
E il querer (amare-volere) mi riporta a questa lirica del “Cirque du Soleil”, certamente scritta con un linguaggio e uno stile più moderni: “… Volere/ Dentro il cuore/ Senza vergogna, senza ragione/ Con il fuoco della passione/ Volere/ Senza voltarsi indietro/… Sempre e anche di più/ amare … Volere/ e poter condividere/ la nostra sete di vita/ Il dono che l’amore ci fa/ è la vita…” [“Querer”, Tango nuevo, Autori: Rene / Manuel Hani / Tadros / Dupere. Copy: “Le Cirque du Soleil”, 1994, dall’album “Alegría”]
Nel anhelo v’èuna volontà che si libra leggera ed inquieta, un anelito che mi riporta alla rondinella di Le Pera e Gardel: “…ragazzina della mia città, fanciulla del mio quartiere,/ la rondinella un giorno/ il suo volo fermerà;/ non ci saranno nuvole nei suoi occhi/ di vaghe lontananze/ e tra le tue braccia amorevoli/ il suo nido costruirà./ Il suo anelito di distanze/ si placherà sulla tua bocca/ con il dolce profumo/ del tuo antico amore…” [“Golondrinas”, Tango 1934 , Musica: Carlos Gardel, testo: Alfredo Le Pera].
E per ultimo ho lasciato il deseo, una volontà languida, morbida come la struggente nebbiolina dell’inizio autunno, non meno insidiosa di quell’afàn che induce alla lotta, poiché si insinua tra pelle e membra, t’avvolge, ti tedia, non s’allontana neanche … a volerlo!
Mentre son qui a parlare con te, si fa sera, ed è inevitabile che pensi a Homero Manzi che, sorseggiando la sua tazza di caffé sul mentre la tarde esta muriendo, vede scorrere davanti ai suoi occhi la sua vita, i sogni, le illusioni infrante e confessa quel suo “…. Pessimismo inutile, desiderio di essere triste/ Mania di pensare sempre ai … Fantasmi del passato che ritornano e insistono/ quando, sul far della sera, sorseggio la mia tazza di caffè…” [“Mi taza de café”, Tango 1943, Musica: Alfredo Malerba, testo: Homero Manzi].